Questo è uno spettacolo da cui lasciarsi travolgere. Sid Fin qui tutto bene, a Milano al Teatro Franco Parenti, è un monologo incalzante, travolgente, rabbioso, che non concede soste allo spettatore. Meno ancora ad Alberto Malanchino, che interpreta il protagonista, algerino di origine, europeo, italiano di nascita.
Tutto vestito di bianco, il colore del lutto per i musulmani, come si spiega nel testo, Alberto Malanchino è al centro della scena, dietro a un’asta con il microfono. Alle sue spalle due musicisti. Pochi movimenti e invece dal punto di vista spettacolare tutto è affidato alla voce, alla duttilità di questa, al variare dei toni. All’urlo di rabbia. Il ritmo è incessante e continua a cambiare, mentre la storia si srotola davanti allo spettatore. Ed è una storia dura, storia di sangue raccontata con poco sangue. Perché il protagonista è un giovane killer che soffoca le vittime (diventate tali piuttosto a caso) con sacchetti di marchi di moda prestigiosi.
Mentre questa storia si srotola, il protagonista si svela. Amante della musica e dei libri, che divora freneticamente, nasconde però questa sua passione a tutti, convinto di poterne essere deriso. Solo con la sua prof ne parla. A casa di lei, con contorno di Mozart e Prust, ma quando lei gli chiede di non andarci più, la delusione – ennesima delusione – si trasforma in reazione che non si fa attendere.
È il Killer della moda. Ma mentre si racconta moltiplica le invettive, enumera quegli stereotipi e pregiudizi contro i neri, di cui si è sentito oggetto. Deride sottilmente le culture a base di serial televisivi e di social (nessuno indenne). Invece la sua è una cultura più profonda, che cozza con quella volgarità che vede intorno. Le librerie, ad esempio, dove trova solo manuali futili: c’è del marcio in libreria, commenta.
Il ritmo impresso in scena da Alberto varia, pur senza un attimo di sosta o di esitazione, sotto la spinta delle parole e degli stati d’animo del suo personaggio. Ed è un continuo dialogo fatto di suoni con i musicisti, Ivan Bert, Max Magaldi. Non è una autostrada, potremmo dire: è una strada tortuosa, con continue ardue salite e impegnative discese. E Alberto è davvero fantastico nel percorrere questo testo. Entra nel personaggio, cattura lo spettatore, lasciandogli il compito di abbandonarsi alle parole. E alla fine applaudirlo. Una ottima prova d’attore, ma anche uno stimolo ad abbandonare stereotipi e giudizi-pre.
“Fin qui tutto bene” dice il sottotitolo della pièce. È la battuta che pronuncia Said in L’odio, raccontando quanto continua a ripetersi un uomo che sta precipitando dal 50º piano di un palazzo. Il film di Kassovitz è ambientato nella banlieue parigina. Gli echi non sono certo casuali.
Alberto Malanchino, padre italiano, madre del Burkina Faso, si è raccontato in un precedente spettacolo, Verso Sankara, nome del carismatico ex presidente del Paese africano. Reduce dal grande successo televisivo in Doc, con Sid si cala in un ruolo molto diverso dal sognatore appassionato di cinema di The Flick, autrice Annie Baker, che lo aveva rivelato a teatro nel 2017.
Sid – Fin qui tutto bene
regia e drammaturgia Girolamo Lucania
con Alberto Malanchino
concept scenografico Ivan Bert; allestimento e costumi Silvia Brero
sound design e colonna sonora Ivan Bert, Max Magaldi
video Grey Ladder; mapping Riccardo Franco Loiri
nuova produzione 2022 di Cubo Teatro, co-produzione E20inscena
a Milano, al Teatro Franco Parenti, 18 – 23 ottobre 2022 | Sala A (Prima nazionale)