Questa è una storia vera. Emblematica. Raccontandola in modo così spettacolare attraverso un bel musical riesce a essere ancora più coinvolgente.
È la storia di Beatrice Cenci vittima di più violenze. Dapprima del padre, poi della società patriarcale e del giudice che di quella società è l’espressione. La storia inizia nel 1592 e a narrarla è Claudia, una ragazza di oggi, che legge il diario di Beatrice Cenci. Appaiono contrapposte in una scenografia altrimenti semplice, con Claudia a sinistra, Beatrice a destra, la prima in abito contemporaneo, Beatrice in costume dell’epoca. È una scelta registica per consentire di cogliere meglio gli avvenimenti e i momenti che si susseguono, mentre al centro vediamo le azioni.
E’ anche un modo per ricordare che non molto è cambiato negli anni: le vittime di violenza maschile finiscono spesso con la loro vita e i comportamenti esaminati al microscopio, come se fossero motivazione delle violenze subite. Qualcosa però sembra essere cambiata nelle ultime settimane, con due sentenze di ergastolo per i due carnefici di due ragazze di nome Giulia. Sono pensieri che la visione dello spettacolo smuove, mentre sulla scena del Teatro San Babila vediamo Beatrice Cenci subito vittima del padre Francesco appena lei ritorna a casa 14enne. Il padre, ci dice la Storia, era già stato riconosciuto colpevole di altre violenze, punite, in quanto uomo e nobile, con delle ammende. Sulla scena lo vediamo soddisfatto della morte di due figli, che, dice, comporta un bel risparmio economico.
Contro di lui, che nel frattempo ha mandato figli e seconda moglie Lucrezia in una specie di esilio lontano da Roma, in un palazzo dei Colonna, si schierano compatti tutti. Pronti a difendere Beatrice sono il fratello Giacomo, Lucrezia, Olimpio Calvetti l’amministratore di casa Colonna, di cui qui si dice che Beatrice sia diventata amante solo per averlo dalla sua parte. La Storia in realtà ipotizza solo l’amore tra i due, ma certo non parla di interessi pratici. Finché, perfettamente mimata tra luci rosse che parlano di sangue, si vede l’uccisione del padre Francesco.
Mentre un ambiguo personaggio entra dalla platea per accusare tutti si scopre la drammatica sorte a cui sono tutti consegnati. Si scoprono le torture, allora molto praticate, la decapitazione di Beatrice e Lucrezia, lo squartamento di Giacomo e Olimpio. E si lascia intuire che il Papa, a cui Beatrice si era rivolta chiedendo aiuto, incamererà tutti i beni della famiglia Cenci. È Clemente VIII, che 7 mesi dopo manderà al rogo Giordano Bruno. Questo lo spettacolo non ce lo racconta, ma è una nota che val la pena ricordare, perché ugualmente emblematica.
A teatro si vede un gran bello spettacolo pieno di suggestioni, dove tutti gli elementi concorrono a raccontare la storia. In scena è un ottimo, numeroso cast, che vede contrapporsi la recitazione più violenta del padre incarnato da gepeto a quella di Beatrice – Zoe Nochi e di Claudia – Ilaria Deangelis, che è come la sua portavoce. Le scelte registiche, sia pure non nuove, risultano capaci di coinvolgere il pubblico con l’entrata di alcuni personaggi dalla platea. E con l’utilizzo di luci, che dapprima isolano Claudia, il personaggio contemporaneo che porta in luce la storia, permettendo a Beatrice di raccontarsi in prima persona. Sono quelle stesse luci che poi raccontano dolore e sangue e rendono infiammata la scena. Per quell’epoca, si dice, il comportamento di Beatrice la rende destinata alle fiamme dell’inferno.
Per noi oggi l’inferno dovrebbe aprirsi su chi si è macchiato di comportamenti violenti, causa di dolore. Non meno colpevoli sembrano i giudici, protagonisti di una giustizia ingiusta, nemmeno pronti a considerare Beatrice una nobile, patente che invece precedentemente era valsa l’impunità al padre. Insieme alle luci l’altro aspetto che concorre a raccontare la storia sono i suoni, con il rumore della pioggia e del temporale, delle campane che annunciano l’esecuzione, del silenzio di chi assistette alla decapitazione, aspetto questo raccontatoci dalla Storia. Bene nell’allestimento dello spettacolo emergono le belle voci, con la musica che proietta gli spettatori in quell’epoca, con momenti più sognanti, destinati a diventare presto più drammatici, più violenti.
Questo è un fatto storico che è bene non dimenticare. La Storia ha reso giustizia a Beatrice Cenci, rendendola immortale e ricordando il padre solo in quanto carnefice. Che nel musical infatti viene bollato di crudeltà e violenza contro Beatrice e di avarizia. Da quel 1599 la storia è stata raccontata moltissime volte. Alla decapitazione vi assistettero anche Caravaggio, nemmeno 28enne, che quello stesso anno dipinse Giuditta e Oloferne, e Artemisia Gentileschi con il padre Orazio, che anni dopo, 18enne, sarebbe stata violentata dal pittore che gli doveva fare da maestro. E’ un fatto che Artemisia trasfigurò nel dipinto di Giuditta che mostra la testa decapitata di Oloferne con uno spargimento di sangue che si può immaginare aveva visto quell’11 settembre 1599.
Ora la storia è raccontata attraverso questo musical, che ha come sottotitolo “vittima esemplare di una giustizia ingiusta“. Sono le parole che si leggono su una lapide apposta nel 1999 per ricordare lei, che il popolo subito aveva visto come una vittima.
Il musical è accompagnato dalla mostra fotografica “I muri del silenzio”, che ricorda come davanti a violenze come quella subita da Beatrice Cenci si deve non chiudere gli occhi, non rifiutarsi di ascoltare e nemmeno rinunciare a raccontarlo e testimoniarlo. Realizzata dalla fotografa Mjriam Bon e sostenuta dall’atleta paralimpica, Senatrice Giusy Versace vede protagonisti degli scatti in bianco e nero alcune celebrità del mondo dello spettacolo nell’atto di coprirsi gli occhi, le orecchie e la bocca, come le famose “sanzaru”, le tre scimmie sagge della tradizione giapponese. Per l’occasione sono stati aggiunti, con scatti a colori, anche i volti di alcuni dei protagonisti del musical Beatrice Cenci (Zoe Nochi, gipeto e Antonio Melissa).
La mostra è stata esposta nel foyer del Teatro San Babila, che ha ospitato il musical Beatrice Cenci nell’ambito della rassegna Codice Teatro curata da Giovanna Gattino e Antonio Melissa per offrire una panoramica di spettacoli teatrali, in grado di raccontare momenti diversi.
Beatrice Cenci
Vittima esemplare di una giustizia ingiusta
Libretto di Simone Martino e Giuseppe Cartellà
Musiche e Regia di Simone Martino
Aiuto regia Antonio Melissa; Marketing e distribuzione Giovanna Gattino; Costumi Catia Mancini, Produzione esecutiva Paola Ferrari
Con gipeto (Francesco Cenci), Zoe Nochi (Beatrice Cenci), Antonio Melissa (Giacomo Cenci), Stefania Fratepietro (Lucrezia Petroni), Manuel Diodato (Olimpio Calvetti), Maurizio Semeraro (giudice), Danilo Ramon Giannini (Bargello), Ilaria Deangelis (Claudia)
e con ensemple Paolo Menegato, Maurizio Bonocore, Alice Turelli, Alessia Viviani, Enrico Sigurtà, Ilaria Viviani, Michele Panizzi, Chiara Zuanon
A Milano, Teatro San Babila, Rassegna Codice Teatro, 30 novembre, 1° dicembre 2024