Questa volta David Mamet ci sorprende con il linguaggio, scrivendo per le protagoniste di Boston Marriage battute perfide e spregiudicate, che loro ottimamente assecondano. E il pubblico è conquistato.
La storia vede in scena tre donne, mentre altri personaggi, pur con un ruolo rilevante per la storia, sono solo evocati.
A farci entrare nell’atmosfera della storia è già il titolo. Perché Boston Marriage è un’espressione usata nell’Ottocento per indicare delle donne che vivevano insieme senza motivi economici: un modo elegante, come i tempi richiedevano, per parlare di omosessualità femminile. Così appare più chiaro il legame tra le due, che si rivedono dopo un po’ di tempo. Anna racconta che adesso si fa mantenere da un uomo, di cui sa solo che è molto ricco. Ed è ciò che per lei conta. Claire è lì per chiedere all’altra di lasciarla intrattenersi nella sua casa con una giovanissima, di cui si è innamorata. E, se alla fine accetta, Anna chiede però di poter guardare, pure non vista. È già abbastanza per sorprendere il pubblico del 1999, quando Mamet scrive il testo di Boston Marriage.
Ma le sorprese non finiscono qui. Un’altra riguarda una collana di smeraldi ed è parte integrante della storia, che lasciamo ai lettori il piacere di scoprirla al Teatro Franco Parenti. E certamente è sorprendente il linguaggio: parole auliche (e non), espressioni non convenzionali, che le due si rimbalzano, anche attente a non evitare parole che possano ferire. Così, quando Claire apostrofa Anna con «vecchia stronza», questa è l’aggettivo «vecchia» che non accetta. Tra loro è la cameriera Catherine, che poco capisce la padrona, ma sorprende per le sue risposte apparentemente ingenue, sicuramente disarmanti.
Questo in scena è un gioco di fioretto, che a volte lascia il posto a vere sciabolate. Il duello basato sulle parole è esaltato dalle splendide interpretazioni delle attrici. Anna, snob, egocentrica, che vede gli altri solo in funzione di se stessa è interpretata da Maria Paiato. Sempre perfettamente istrionica, riesce a sorprendere e divertire il pubblico: a volte ricorda la Francesca Bertini dei film del muto, oggi sicuro divertimento, ma è anche capace di lasciar emergere le altre due attrici in ruoli molto diversi.
Altrettanto entusiasmante è Mariangela Granelli nel ruolo di Claire. Appare più misurata, perché guidata da uno scopo: è decisa a convincere l’altra ai suoi desideri. Perfetta, ben diversa da loro, con una innata comicità appare la cameriera Catherine. La interpreta Ludovica D’Auria giocando sulla ingenuità, ben graduata per non infastidire Anna, di cui (forse) è molto meno ignorante.
Interpretazioni davvero notevoli, sempre da applauso per le tre attrici. Capaci di stupire, divertire gli spettatori e farli ridere, riescono anche a insinuare qualche dubbio. Perché forse – come Mamet ci ha abituato – le cose non sono come appaiono: ai lati della scena si vedono delle telecamere e in alto a destra è accesa la scritta On Air. Siamo in onda. Dunque, doppia finzione: abbiamo assistito alla ripresa di un film ambientato in anni lontani. La sorpresa è servita, in perfetto stile Mamet.
(Nella foto, da sinistra, Maria Paiato, Ludovica D’Auria, Mariangela Granelli, protagoniste di Boston Marriage di David Mamet al Teatro Franco Parenti)
Boston Marriage
di David Mamet
traduzione Masolino D’Amico
regia Giorgio Sangati
con Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria
scene Alberto Nonnato, luci Cesare Agoni, costumi Gianluca Sbicca, musiche Giovanni Frison, assistente alla regia Michele Tonicello
produzione Centro Teatrale Bresciano / Teatro Biondo di Palermo in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di A3 Artists Agency
a Milano, Teatro Franco Parenti, dal 30 gennaio al 4 febbraio 2024 | Sala Grande