Lei racconta. La sua è Una vita da discount. Così si intitola la nuova pièce interpretata da Diana Ceni, che lei stessa con Fabrizio Kofler, anche regista, ha adattato da Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto.
Siamo in uno studio televisivo, perché è lì che la protagonista, interpretata da Diana Ceni, sta per iniziare il suo racconto. Arriva un po’ impacciata, ha freddo e le chiedono di raccontare come se stesse rivivendo quel 14 ottobre. È un po’ emozionata, lo ammette, e Diana Ceni con movimenti, parole, sguardi, sospiri riesce a far arrivare allo spettatore tutte quelle emozioni che sta vivendo la sua protagonista per la prima volta in uno studio televisivo, seduta davanti alla telecamera (una situazione per lei di forte rilievo), per di più impegnata a raccontare un momento importante della sua vita. Ha un abito un po’ macchiato, come i collant e le ballerine, ma sa che per “niente più niente al mondo” torneranno pulite.
Quello a cui dà vita Diana Ceni è un personaggio molto diverso da lei. È la tipica massaia piemontese, mezza età, attenta ai soldi, capace di contare gli euro, ma anche di consumare 3-4 bottiglie di vermuth alla settimana. Marito Arturo presto disoccupato, difficoltà a letto, e niente settimana alla pensione Turchese a Milano Marittima. Ma lei ha dei miti: sono i personaggi che vede in televisione («solo in televisione vedi gente contenta»). E sono le signore da cui va a fare le pulizie, che comprano solo tonno rosso di Favignana e vanno in vacanza in Sardegna o nelle Dolomiti. Ha tanti pregiudizi nei confronti degli extra comunitari, da qualsiasi parte provengano, in particolare dall’Est. Poi c’è la bambina che non le dà soddisfazioni, da tenere lontana da potenziali fidanzati islamici. Invece la figlia fa la postina e si è rifiutata di seguire corsi di danza, di recitazione o di cercare di accalappiare uno ricco, come vorrebbe la madre. In realtà la bambina ha vent’anni e spende 300 € al mese per quelle collezioni che trova in edicola.
È una donna che vive in ristrettezze, non solo economiche, quella a cui Diana Ceni dà vita in scena. Dal suo volto traspaiono quelle paure che riguardano il non essere all’altezza di quelle attrici che vede in televisione. Modelli, con cui è in perenne confronto e di cui assorbe le parole.
Canticchia Il cielo in una stanza, la canzone che hanno cantato al suo matrimonio, ma dal suo volto traspare la delusione di non aver mai visto quel cielo. Proprio quelle parole “Niente più niente al mondo“ le sono rimaste talmente impresse da continuare a ripeterle. Estrae un fazzoletto e sembra che stia per piangere. Ma forse di quell’ultimo gesto compiuto non ne ha nemmeno compreso la drammaticità. Resta il fastidio, forse più la sorpresa, di quell’ultima parola che ha letto. E che alla fine Diana Ceni dopo un lungo silenzio carico di significato, pronuncia. Quale sia, naturalmente, non ve lo diciamo. Nemmeno ve ne raccontiamo le conseguenze. Perché questo è un thriller che riguarda una piccola donna. Una massaia, molto torinese – vengono in mente molte altre protagoniste di romanzi, che vivono all’ombra della Mole – a cui Diana Ceni riesce a dare tutta la sua piccolezza. E riesce così a calamitare l’attenzione dello spettatore. Stimolando anche più di una riflessione.
Una vita da discout
con Diana Ceni, che ne ha curato anche l’adattamento insieme a Fabrizio Kofler, anche regista, ha chiuso la stagione Portiamo il teatro a casa tua.