Una famiglia, tre generazioni al femminile. È Estate in dicembre, a Milano al Teatro Menotti. Protagonista una famiglia non molto tradizionale, come non tradizionale è la messinscena: niente oggetti, niente scenografia, a parte cinque sedie. Invece, gesti solo evocati, che lasciano agli spettatori la possibilità di immaginarli. Le cinque donne – una nonna, una madre, tre figlie – fanno cose che appartengono alla quotidianità, ma raccontate sempre con un filo di ironia. Mangiano, ma è cibo scaduto, anche da mesi. Si arrabbiano, ma per la nonna sono urli. Del padre conservano le ceneri in un’urna, ma la nonna continua a prenderla, fino a seminare le ceneri del figlio.
Alicia coinvolge ancor più il pubblico. Accese le luci in sala si rivolge agli spettatori con un “Benvenuti all’inaugurazione della mostra curata da Rodrigo Marques”. I quadri, che si immaginano esposti, sono i suoi e con frasi tortuose cerca di spiegarne il senso a una delle sorelle, Paloma. Chiede gli applausi, ma poi scende in platea e inveisce contro uno spettatore – immaginiamo sia Rodrigo Marques, con cui lei ha una relazione – che è lì con la moglie, definita poi in modo impietoso. Ma divertente, come lo è tutta la scena, accolta tra sorpresa e risate.
Poi, come in tutte le famiglie, si affacciano i momenti più brutti. Un segno sul naso della nonna si rivela essere un melanoma ed è l’occasione per equivocare sul termine: melomane? E un’aria d’opera si sente in sottofondo. Addirittura una battuta sconfina nella barzelletta: «Non ridere se vedi uno zingaro su una bicicletta: potrebbe essere la tua». Ma anche altre battute riescono a sorprendere. E si scoprono altri personaggi, evocati, da immaginare. Ognuno con un certo rilievo nella storia, che riserva ben più momenti.
Autrice è Carolina África Martín Pajares, madrilena e un certo spirito spagnolo pervade la pièce. Dalle parole della nonna si può intuire il dramma del franchismo. Ma c’è anche brio e affiora il mito Raffaella Carrà, quando cantano “Tanti auguri”. E alla vigilia di Natale viene la voglia di vivere l’estate in dicembre, con un viaggio in Argentina. Mentre si preparano al viaggio (e si sente lo squillo del telefono, che…) le tre figlie si confrontano, anche confessando i problemi del momento. Perché Alicia è incinta di un uomo sposato, Carmen è andata a letto con una donna, Paloma non ammette con la madre di non aver mai smesso di fumare. Ma comunque sta per superare la sua paura di volare.
Il pubblico ride molto, applaude, alla fine a ritmo, sulla musica del finale, che travolge le protagoniste e anche gli spettatori con una canzone tutta da scoprire.
Alla fine lo spettacolo diventa un invito a cogliere della vita i lati positivi e guardare tutto con un filo di ironia, che aiuta ad andare avanti. Ma è anche un invito strettamente legato al teatro, perché non è necessaria una scenografia fastosa: a volte basta accennare alle cose e il pubblico è subito disponibile a farsi coinvolgere e immaginare, secondo i suggerimenti che sente in scena.
Così alla fine basta il rombo di un aereo per immaginare un futuro più felice con il sole in pieno inverno, l’estate in dicembre.
(Nella foto di Patrizia Lanna una scena con il cast di Estate in dicembre)
Estate in dicembre
Di Carolina África Martín Pajares
Versione italiana Antonella Caron
Con Fiammetta Bellone, Elsa Bossi, Sara Cianfriglia, Elena Dragonetti, Alice Giroldini
Regia Andrea Collavino
Luci Aldo Mantovani
Produzione Teatro Nazionale di Genova
A Milano, Teatro Menotti Filippo Perego, dal 30 aprile al 5 maggio 2024 (dal martedì al sabato ore 20, domenica ore 16.30)