Questa è la storia del dottor Faust. Di Giovanni Faust, con il nome indicato da Marlowe e perso nel ricordo, che una scritta ci mostra. Sormonta quello che appare come un teatrino di burattini, che ha al lato due putti: uno è finito a testa in giù.
Con La tragica storia del dottor Faust, andato in scena al Teatro Fontana, l’atmosfera insinua subito inquietudine. Per brevi momenti lo spettatore si sente protagonista attraverso le parole dell’attore. Che camminando in strada ha la sensazione di essere seguito. Non vede nessuno, eppure con quella sensazione arriva fino a casa. E qui alla fine chiede “chi sei?”
Le luci si fanno abbaglianti per poi portare l’attenzione sul teatrino dei burattini. Con movimenti meccanici, che molto li ricordano, Faust si confronta con il suo servo Wagner. Il sapere universale non gli basta più: vuole andare oltre e trova il libro della necromanzia. L’angelo buono lo vuole bloccare prospettandogli una alternativa, che l’angelo cattivo non prevede. Evocato, compare Mefistofele, avvolto in un manto rosso, secondo un’iconografia classica. Gli mostrerà il mondo, ma prima gli chiede di firmare col sangue un patto: dopo 24 anni la sua anima sarà di Lucifero, di cui Mefistofele è un servitore. Quello che gli mostra – solo risvolti negativi – è inquietante, toccando l’abisso del vivere («Quello è uno che non usciva di casa da un po’. Che sta facendo? Una sparatoria»). Ogni cosa che gli mostra ha una apparenza che nasconde il lato negativo. E’ il male dei nostri giorni.
Giovanni Ortoleva, drammaturgo e regista, per parlare dei mali del nostro tempo parte dal testo classico scritto da Christopher Marlowe. Anzi, fa riferimento a un testo tedesco ancora precedente: Historia von D. Iohan Fausten, come la scritta che sormonta il teatrino. Lo scarnifica portando in scena due attori per più ruoli – Edoardo Sorgente e Francesca Mazza, a cui è affidato il ruolo di Faust -, ma decisamente molto meno rispetto a quelli previsti dal testo di Marlowe. Trasforma l’angelo del bene e l’angelo del male in teste alate, che improvvisamente si animano ai lati del teatrino. Tiene il mito, un classico rivisitato da quella stessa cultura che a Faust non basta più e ancora ritorna nella cultura attuale. Insieme usa tutti i meccanismi teatrali: burattini, effetti di luce e sonori, luci cupe, il kitsch, elementi della pittura barocca che qui contornano la scena. Infine, il riso del pubblico.
Dapprima instilla nello spettatore (comodamente in poltrona) quella stessa inquietudine che sta per vedere materializzata in scena. Lo colpisce con lo spettacolo del teatro, per poi inchiodarlo a quella stessa poltrona: riflessioni, considerazioni prendono il sopravvento. E anche riflessioni e dubbi sulla forza coinvolgente dello spettacolo stesso.
E’ come un grido più vicino a politica e sociologia. Un monito contro la voglia di onnipotenza che domina Faust. Dice Marlowe nelle righe finali: «Andato è Faust: la sua fine infernale / pensate; e il suo diabolico destino / convinca il saggio a riguardar turbato / quanto è fuor della Legge, il cui mistero / adesca l’uomo dall’audace mente / ad atti che l’Eccelso non consente».
(Nella foto di Giulia Lenzi, Francesca Mazza protagonista con Edoardo Sorgente di La tragica storia del dottor Faust. Drammaturgia e regia di Giovanni Ortoleva)
La tragica storia del dottor Faust
Liberamente tratto da Christopher Marlowe
con Francesca Mazza e Edoardo Sorgente
drammaturgia e regia di Giovanni Ortoleva.
Scene e costumi Marta Solari; musiche a cura di Pietro Guarracino; movimenti e assistenza alla regia Anna Manella; assistente scene e costumi Maria Giulia Rossi.
Produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse.
A Milano, Teatro Fontana (via Gian Antonio Boltraffio 21) dal 16 al 19 febbraio 2023