Niente porte in questo Feydeau visto da Carmelo Rifici. La scena de La pulce nell’orecchio è occupata invece da cubi e solidi colorati. Sul palco del Piccolo Teatro Strehler c’è anche un armadio da cui esce di tutto: diventa un meccanismo comico, non intenzionato a nascondere tradimenti.
Con questa messinscena non è più solo questione di corna, più o meno reali. L’attenzione si concentra maggiormente sui personaggi, molto assortiti, per una comicità che non dimentica di giocare alcuna corda. Molti di questi elementi comici sono già presenti nel copione di La pulce nell’orecchio di Feydeau. Si gioca sul difetto di pronuncia di un personaggio, sull’incapacità di un altro di capire che il suo dolore di pancia non può essere dovuto alle ovaie. O, ancora, è Feydeau a disegnare il marito sudamericano – che qui si conquista un nome lunghissimo – pronto ad agitare la pistola parlando di gingillo. L’ambiguità, naturalmente, è ben poco nascosta. Ed è ancora Feydeau a portare in scena un personaggio che parla inglese, non capito dagli altri, per questo chiamato “Rugby”. Qui è davvero un giocatore di rugby con tanto di casco protettivo.
In scena si vedono altri giochi legati alle parole, come il classico “Oh cielo mio marito” e l’albergo che qui si chiama non tanto casualmente Feydeau, invece che Micio innamorato. Antonietta allunga il nome in Maria Antonietta, occasione perché improvvisamente si ritrovi vestita come la regina preghigliottina e pronunci la battuta molto ricordata e forse poco detta, legata a pane e brioche. Altri giochi per sorridere sono la versione italiana rispetto all’originale, con riferimenti al Teatro stesso dove va in scena lo spettacolo, con un pacco che arriva in Largo Greppi, indirizzo del Teatro Strehler e la possibilità per chi ha talento di salire sul palcoscenico del Piccolo. E infatti, si potrebbe dire, il talento di questi attori ben emerge. 12 attori che ben incarnano 15 personaggi, compreso un doppio ruolo a cui è affidato tutto il meccanismo della commedia. Oggi come ieri.
E’ una messinscena che evita riferimenti temporali e toglie le stanze con relative porte, rendendo così meno evidente la funzione di alibi del vecchietto, che qui diventa una vecchietta acciaccata, immaginata come ulteriore motivo per ridere. Come lo diventano i colpi di batteria suonati dalla band in scena, occasionati spesso dalle parole. Ma i suoni, da occasione di sorriso, diventano nella seconda parte momenti più malinconici, fatti di vera musica suonata da Rugby, proprio il personaggio che meno si potrebbe ipotizzare musicista.
Feydeau con il suo perfetto meccanismo comico si proponeva, facendo ridere il pubblico, di mettere alla berlina la borghesia, evidenziandone vizi e ipocrisie. Oggi non appaiono più nemmeno tali da poter essere additati alla riprovazione del pubblico. E anche quella borghesia da bacchettare esiste più? Qui alla fine sembra in particolare emergere la voglia di sconvolgere le carte. Non più una classe sociale ridicolizzata per i comportamenti, ma comportamenti ridicoli, prova di quanto la comicità a teatro possa impadronirsi del pubblico. Così al centro è proprio l’attenzione alla comicità e a come si ride. Carmelo Rifici, nell’adattamento con Tindaro Granata anche in scena, prende Feydeau, il suo La pulce nell’orecchio (spesso andato a teatro sfoltito), ne accantona il sottile intento moralizzatore e ne recupera tutta la comicità che stava a corollario del tema tradimenti. A questa molta ne aggiunge. E di vario genere. Sempre occasione di vera risata?
(Nella foto di Luca Del Pia, una scena da La pulce nell’orecchio di Feydeau con la regia di Carmelo Rifici)
La pulce nell’orecchio
di Georges Feydeau
traduzione, adattamento e drammaturgia di Carmelo Rifici e Tindaro Granata
regia di Carmelo Rifici
con (in ordine alfabetico) Fausto Cabra, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Christian La Rosa, Marta Malvestiti, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Carlotta Viscovo.
Scene Guido Buganza; costumi Margherita Baldoni; luci Alessandro Verazzi; musiche Zeno Gabaglio; assistente alla regia Giacomo Toccaceli.
Durata: 2 ore e 45 minuti più intervallo
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.
A Milano, Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dal 14 al 26 novembre 2023 in prima nazionale (martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16)