Il Cile e Santiago: sono loro ad accogliere gli spettatori di Ho paura torero al Piccolo Teatro Grassi. La scritta sul sipario “Tengo miedo torero”, titolo di una famosa canzone popolare, lascia il posto alla foto di Allende. Si sente il suo ultimo discorso e se ne leggono le parole. È l’11 settembre 1973. E’ la Dittatura militare di Pinochet. Inizia anche la storia raccontata da Pedro Lemebel nel romanzo Ho paura torero, che ora arriva a teatro.
Dal fondo della sala entra lei. E’ la Fata dell’angolo. Si sente Cleopatra, si veste con abiti femminili, ma mai in strada. Ed è attraverso i suoi occhi che la storia prende vita. Storia d’amore, ma anche di voglia di libertà, da conquistare abbattendo una dittatura che la libertà non la prevede. Anzi.
La Fata è innamorata di Carlos, giovane universitario, militante attivista, che le riempie la casa di casse. Ufficialmente sono piene di libri, ma lei ne intuisce il contenuto e capisce che Carlos e gli amici, che lì vengono per studiare, non è agli esami che si preparano.
A dar vita allo spettacolo è un gran bel cast, con Lino Guanciale, che entra talmente nel ruolo della Fata dell’angolo da essere quasi irriconoscibile, capace quasi di annullarsi, senza mai giocare su moine, che sarebbero state assolutamente fuori luogo. Traspare quel tanto di sentimentalismo, ma anche di estrema carnalità, con momenti erotici che non vengono occultati. Raccontati però in terza persona non diventano gesti reali.
La Fata è innamorata di Carlos, con lui vive momenti bellissimi, anche se non sempre ne coglie il vero spirito. Ma non cerca di trasformarlo e anzi ne accetta la coscienza politica fino a condividerla. Lo fa senza tradire la sua anima: quando deve trovare un codice d’intesa sceglie le parole della canzone, Ho paura torero. Le sussurra all’orecchio di Carlos: il sentimentalismo finisce per convivere con uno spirito più politico.
Anche Carlos, un credibilissimo Francesco Centorame, alla fine si lascia conoscere (in parte), si ammorbidisce e…
In scena il romanzo Ho paura torero appare con tutta la sua forza. Spesso i personaggi parlano in terza persona, permettendo di cogliere le sfumature del linguaggio, con momenti più poetici. Particolarmente importante, perché sentiamo dire a Pinochet «Io odio la poesia». Così anche il linguaggio diventa un’arma contro la dittatura.
Pinochet è un altro dei personaggi che appaiono nello spettacolo. Succube della moglie, ammiratore di Franco, è preda di ricordi e incubi che lo delineano omofobo, ignorante, anche tremebondo, perché in occasione dell’attentato, da cui era uscito illeso, si era riempito di m…a. Paura per se stesso, ma capace di atrocità che la Storia ci ha fatto conoscere. Li racconta anche lo spettacolo, quando sul velatino al fondo appaiono migliaia di foto di oppositori cileni trucidati. Non solo massacro fisico, ma anche economico: lo si intuisce quando le amiche della Fata parlano di un maggior numero di clienti, uomini liberi, causa disoccupazione.
Con l’avanzare dello spettacolo tutta la sala del Teatro viene coinvolta e indotta a sentirsi cilena nel periodo Pinochet. Santiago con le sue case, ma anche altri luoghi cileni con i paesaggi, conquistano uno spazio attraverso immagini proiettate sul fondale. Anche la radio, Radio Cooperativa, si sente più volte intervenire con le sue trasmissioni e alcuni attivisti appaiono spesso in platea, come se si rivolgessero al popolo cileno. Un popolo che manifestava rumorosamente. Ugualmente si vedono i volantini, che chiedono notizie di persone scomparse (¿aonde estas?) e sulla platea ne scendono altri con la scritta «Este año cae». La scritta «Quest’anno cade» si riferisce naturalmente a Pinochet, disegnato come una pavida macchietta su quello stesso volantino.
Ma lo vediamo uscire indenne dall’attentato organizzato dal Fronte Patriottico Manuel Rodriguez. E’ il 7 settembre 1986. È Storia e si incrocia con le vite della Fata dell’angolo e di Carlos, che con gli altri del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez a casa di lei aveva preparato l’attentato. In codice la Storia ci dice che si chiamava Operazione 20th Century ed ecco sul fondale un fotogramma da un film con Rock Hudson e Doris Day. Un piccolo gioco registico, ma anche possibile riflessione su due modi di vivere diversi. E ancora incontro tra sentimentalismo e politica.
Così la bella regia di Claudio Longhi interseca più piani portando in scena Ho paura torero: privato e pubblico, sentimentale e politico, storico, letterario, riuscendo così a coinvolgere gli spettatori. Che hanno anche tanti momenti tutti da scoprire. Tra questi la festa organizzata dalla Fata per il compleanno di Carlos: con allegria coinvolge tutto il quartiere. Molto diversa da un’altra festa (mancata) raccontata per dare qualche primo indizio di crudeltà: agli spettatori il compito di scoprire di più.
E’ anche occasione, per chi non la conosce, di scoprire – riscoprire – la Storia del Cile. E insieme scoprire i cileni, il loro spirito, la loro determinazione e uno degli autori da loro più amati. Agli spettatori poi il giudizio su Pinochet e dittature.
(Nella foto di Masiar Pasquali, da sinistra Francesco Centorame e Lino Guanciale, protagonisti di Ho paura torero con la regia di Claudio Longhi. A Milano al Piccolo Teatro Grassi)
Qui la presentazione dello spettacolo pubblicata l’11 gennaio 2024
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Domenica 21 gennaio alle ore 21.30 il Teatro Franco Parenti presenta, in Sala Grande, Ho paura torero: paesaggi letterari nell’America Latina di Pedro Lemebel, letture di Lino Guanciale con la partecipazione di Claudio Longhi.