Questa è una storia vera, raccontata in tutta la sua drammaticità da Ulderico Pesce. I sandali di Elisa Claps arriva per la prima volta in scena al Teatro Menotti per parlare di violenza e sogni spezzati, di depistaggi che coinvolgono più soggetti a tutti i livelli. E alla fine di una tardiva condanna.
Rivissuto in prima persona da Antonio, il padre di Elisa, attraverso la voce, l’interpretazione di Ulderico Pesce il racconto assume tutta la sua drammaticità. Destinata anche ad accentuarsi se si sa qualcosa di quanto accaduto. Perché si scopre chi era Elisa Claps. Emerge l’affetto di Elisa, 16enne, per il suo “papino”, che le comprava i meloni gialli che le piacevano tanto e sono proprio quei meloni appesi quasi a illuminare la scena. Elisa aveva dovuto riparare un esame e alla promozione il padre le aveva regalato i sandali a occhio di bue che le piacevano tanto. Il suo futuro sapeva che sarebbe stato all’università alla facoltà di medicina per poi andare in Africa con una missione umanitaria. Perché, sottolinea Antonio, Elisa era buona. Così aveva respinto Danilo Restivo, ma sapendolo bullizzato aveva accettato di incontrarlo perché lui le voleva dare un regalino per la promozione.
È un racconto che fa vivere la preoccupazione che diventa subito allarme della famiglia di Elisa, accentuata dalle voci che circolano a Potenza su Danilo Restivo, con cui pare lei si sia incontrata. Lo chiamano “il parrucchiere”, perché ha una passione feticistica per i capelli, che di nascosto taglia alle ragazze. Da maniaco fa anche telefonate senza parole ma con la musica di “Profondo rosso”.
E poi viene il momento di rivivere in scena quella tragica mattinata con la violenza e l’omicidio. Antonio la sogna nei dettagli e il pubblico piomba nell’angoscia con lui. Antonio è come morto quel giorno in cui Elisa è scomparsa. Sono seguiti 17 anni di angoscia senza sapere che cosa fosse successo. Finché nel sottotetto della chiesa della Trinità si scopre un materasso sporco di sperma e accanto il cadavere di una ragazza. È Elisa.
Quei 17 anni si rivelano come lunghi anni di depistaggi, attentamente coperti da una rete di parenti e amici della famiglia Restivo. E non solo, perché anche la chiesa, dal parroco Don Mimì, fino al vescovo, tutti avevano fatto in modo che nulla si scoprisse, nonostante i tanti interrogativi e i ripetuti interventi nel sottotetto. Finché un operaio aveva detto ciò che aveva trovato.
Il dolore per la sorte di Elisa uccisa, e il suo omicidio a lungo negato, si mischia all’orrore per le tante complicità che quell’omicidio lo avevano consentito e poi coperto. Ritardandone la scoperta avevano anche permesso che alcuni reati, come l’occultamento di cadavere, cadessero in prescrizione. Ed è un orrore che ora coinvolge il pubblico, come già era successo alla madre di Elisa, che si era resa conto che nel momento in cui la figlia veniva uccisa, sotto Don Mimì celebrava l’Eucarestia e certo non poteva non sapere quello che succedeva in quella chiesa, con le tracce sul materasso che lasciavano intuire altri abusi lì perpetrati in passato.
Quello che racconta I sandali di Elisa Claps è un femminicidio. Purtroppo uno dei tanti, sia pure con modalità decisamente particolari. Ed è uno di quelli di cui ormai si sente parlare ogni pochi giorni con un numero che continua a crescere. Ma riviverlo a teatro attraverso le parole del padre Antonio diventa un modo per scuotere le coscienze. Elisa non è solo un numero: è una ragazza a cui sono stati interrotti i sogni. E con lei a morire è anche tutta la famiglia, con Antonio con cui il pubblico dello spettacolo ha condiviso angosce, dolori, orrore. E, come lei, tutte le altre, perché ogni numero è una donna che non potrà più realizzare i suoi sogni.
(Nella foto, Ulderico Pesce autore di I sandali di Elisa Claps, che porta in scena al Teatro Menotti)
I sandali di Elisa Claps
Di Ulderico Pesce
Regia Ulderico Pesce
Con Ulderico Pesce, Pierangelo Camodeca (fisarmonica)
Produzione Centro Mediterraneo Delle Arti
A Milano, al Teatro Menotti Filippo Perego, dal 14 al 17 novembre 2024 (prima milanese)
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Nell’attesa di entrare in sala l’invito è a guardare la mostra con le foto e i commenti di Tiziano Terzani. Anche questa è storia. Di Paesi asiatici, usciti da guerre e guerriglie, temi che ugualmente ci riguardano, in particolare in questi mesi. La mostra è esposta fino alla fine di novembre.