Il dio del massacro visto al Teatro San Babila

Qui la violenza fisica all’origine di tutto è solo descritta. In Il dio del massacro lascia il posto a quella verbale (solo verbale?) che coinvolge le due coppie di genitori. Perché Brunó – accento sulla o perché siamo in Francia – è stato picchiato con un bastone da Ferdinand, a cui aveva negato l’accesso alla gang, accusandolo di essere una spia. Risultato, due incisivi rotti. In Il dio del massacro i genitori di Brunó accolgono nella propria casa l’altra coppia per risolvere il problema con modi civili. Che ben presto vengono abbandonati.

L’incontro sfocia ben presto in recriminazioni e litigi violenti anche tra moglie e marito. Si inizia con la staffilata di Alain, il padre di Ferdinand, che commenta “Da qui si vede la fine della metropolitana”, per sottolineare con queste parole le differenze di classe. Perché lui è un avvocato, impegnato a evitare che vengano pubblicati dei dati sulla pericolosità e i danni collaterali di un medicinale di un’azienda di cui lui è il legale. Lo fa con continue telefonate al cellulare, che la moglie Annette non sopporta. Michel, il padre di Bruno, invece ha appena buttato fuori di casa – forse ucciso – il criceto della figlia. Non molto meglio sembrano le due donne, che proseguono tra ampie bevute di rum, crisi isteriche, nausea di Annette con relativo vomito sul prezioso catalogo di Kokoschka, che imbestialisce Veronique, la madre di Bruno.

Niente differenze di classe sociale e nemmeno di cultura: la violenza accomuna chi parla di arte e il difensore di chi nuoce alla salute; la consulente patrimoniale e il venditore di articoli per la casa. Tra i quattro i litigi e le accuse sono sempre più feroci e tali da suscitare in alcuni momenti la risata di parte del pubblico. Che, insieme, pensa di prendere le distanze da questi quattro: si sente come se, inorridito, li stesse spiando e riprovando.

Ma dal divano che accoglie i quattro, nella stanza che si intuisce di una famiglia borghese, la violenza deborda, inducendo a riflessioni. Perché quella che porta in scena Yasmina Reza con questo forte testo è una storia spinta all’eccesso? E’ davvero una storia che si può osservare sentendosene estranei? Eppure sempre più spesso si sente di padri che litigano, con le motivazioni più varie, ai bordi dei campi di calcio dove giocano i figli. Al punto che in alcune situazione è stato vietato l’accesso dei genitori al campo di calcio.
La violenza – sia pure verbale – conosce confini?

Nel 2011 Roman Polanski ha tratto il film Carnage, con una ambientazione a Brooklyn, rispetto a quella parigina prevista da Yasmina Reza in Il dio del massacro.

Il dio del massacro

di Yasmina Reza

con Michele Cipriani – Arianna Gambaccini – Saba Salvemini – Annika Strohm

regia Areté Ensemble – M. Cipriani – A. Gambaccini

Areté Ensemble Cipriani Gambaccini

A Milano, Teatro San Babila, dal 18 al 20 ottobre 2024