Shakespeare apprezzerebbe. Il pubblico a sua volta applaude a lungo, anche a scena aperta. Questa edizione di Il Mercante di Venezia, che proprio a Milano al Teatro Manzoni chiude la tournée, entusiasma sotto tutti gli aspetti. La gran bella regia di Paolo Valerio porta dapprima tutti i personaggi in scena, perché qui tutti hanno un ruolo importante. Gioca poi sulle contrapposizioni, evidenti già nella scenografia, che, pur nella sua semplicità, racconta due mondi opposti. E’ una contrapposizione anche fisica, con sotto una Venezia scura, mondo maschile dove i problemi si moltiplicano. La sormonta Belmonte, che quando la scenografia si apre appare piena di luce. E’ abitata dalle donne, come Porzia (Valentina Violo) e l’ancella Nerissa (Mersila Sokoli). Maschile e femminile si contrappongono e proprio al femminile è affidata la risoluzione dei problemi.
Sono anche due storie che, dapprima parallele, poi si intersecano. Bassanio (Stefano Scandaletti) chiede un prestito all’amico fraterno Antonio (Piergiorgio Fasolo), che, con tutte le navi in mare, deve a sua volta chiedere a Shylock (Franco Branciaroli). L’ebreo lo odia, ma gli presta i soldi con un patto: esigerà una libra di carne tagliata vicino al cuore di Antonio, se questi non sarà in grado di rendere il prestito. I soldi servono a Bassanio per corteggiare Porzia, che vive a Belmonte. Potrà ereditare tutti i beni quando sposerà il pretendente che tra uno scrigno d’oro, uno d’argento, il terzo di piombo sceglierà quello contenente il suo ritratto. Il resto della storia lo lasciamo scoprire a chi proprio non la conosce, garantendo che riserva più di una sorpresa.
La prima può riguardare l’antisemitismo. In questa edizione più che mai evidente, era molto forte nell’epoca in cui scriveva Shakespeare che sembra si sentisse in obbligo di assecondare gli umori del suo pubblico. E anche quando all’inizio del III atto Shylock pronuncia il famoso monologo («Un ebreo non ha occhi?»), inducendo a riflettere in nome di una mancata diversità degli ebrei rispetto ai cristiani, tutto si risolve in parole che suonano motivazione di vendetta. Antisemitismo, dunque? Piuttosto la malvagità sta in Shylock, non nell’ebraismo. Infatti la figlia Jessica (Veronica Dariol) è molto diversa, altra figura femminile positiva, che non rifiuta di amare Lorenzo (Lorenzo Guadalupi) pur se cristiano.
I dualismi, le contrapposizioni ben emergono in questa messinscena di Il Mercante di Venezia, anche nei particolari. Le sottolineano anche i suoni che si sentono quando Bassanio conquista Porzia. Altrimenti sono rumori dati dalle mani che battono contro il legno. E, quando il principe del Marocco (Emanuele Fortunati) chiede di non giudicarlo dall’apparenza, davanti agli scrigni di Porzia sceglie quello d’oro, perché più appariscente e dunque più prestigioso.
E ancora, il tragico si contrappone ai momenti più leggeri. Antonio sta perdendo i suoi averi e forse anche la vita. In contrapposizione, Lancillotto (Mauro Malinverno) rappresenta il momento più comico. Anche i costumi scuri degli uomini si contrappongono a quelli bianchi, luminosi delle donne.
Shylock dice “esigo la mia penale“ sottolineando queste due parole, che finiscono con il contrapporsi alla retorica di Baldassarre (chi è? Naturalmente è un’altra delle sorprese che Shakespeare riserva al pubblico, ma soprattutto ai personaggi stessi). Uno affila le lame, l’altro affina le parole, perché il contratto dovrà essere rispettato alla lettera: esattamente una libbra di carne senza una goccia di sangue. E ancora una volta sono le donne – Porzia travestita da Baldassarre, Nerissa travestita da assistente – che salvano gli uomini. Con l’assenso del Doge di Venezia (Riccardo Maranzana).
Una storia minimamente intricata, certamente intrigante, che in questa messinscena conquista sotto più aspetti. L’attenta esaltazione del dualismo chiama in causa una grande interpretazione degli attori. Tutti (senza alcuna esclusione). Con Franco Branciaroli, insuperabile Shylock, che gioca con i movimenti e la voce, fino a sottolineare in tutte le sue sillabe «la mia penale» che esige.
Grazie alla bella regia, l’interpretazione e la messinscena che esaltano le parole e la storia scritte da Shakespeare, con il suo testo perfettamente rispettato in tutte le battute, alla fine le due ore e mezza di questo Mercante di Venezia scorrono senza alcuna caduta di ritmo. Con un finale, stile commedia, che vede i protagonisti impegnati in passi di danza per festeggiare i tre matrimoni: Porzia – Bassanio, Jessica – Lorenzo, Nerissa – Graziano (Giulio Cancelli).
Inevitabile poi scorrere la storia del teatro per individuare qualche assonanza. Così lo stesso Shakespeare pochi anni dopo scrive di Viola, protagonista di La dodicesima notte, che travestita da Cesario va alla corte del duca Orsino di cui si innamora. Molti anni dopo Singer racconta della sua protagonista Yentl che si traveste da uomo per poter studiare. Nessun problema se il racconto e la versione teatrale sono sfuggiti: Barbra Streisand l’ha interpretata al cinema.
Un’altra assonanza riguarda i tre scrigni, prova a cui Porzia sottopone i pretendenti, secondo richiesta paterna. Anche in questo caso molti anni dopo Carlo Gozzi scrive di Turandot che pone tre indovinelli ai pretendenti. Pena la morte – Porzia è meno sanguinaria, ma non meno assolutista – per chi non li risolve. Anche in questo caso se la novella non è molto frequentata, diversamente è molto popolare la Turandot di Puccini, ispirata a Gozzi nel libretto.
Inutile invece cercare Belmonte sulla carta geografica del Veneto. Potrebbe essere identificata in Montebelluna, in provincia di Treviso.
Al di là di queste assonanze, in un periodo di rigurgiti antisemiti è importate ribadire come nel Mercante di Venezia l’antisemitismo è strettamente legato al comportamento di Shylock. Odia Antonio, perché da cristiano presta soldi senza interessi. Offuscato dall’odio richiede una penale lontana dalla realtà, ma foriera di morte. La sua è arroganza nera, che non gli consente di coglierne le implicazioni. Le scoprirà.
La tappa milanese segna la fine della tournée di questa edizione di Il Mercante di Venezia. Chiude anche la bella stagione in abbonamento al Teatro Manzoni, che ha offerto un ampio panorama teatrale tra gialli, novità, spettacoli di cui è nota la versione cinematografica e altri brillanti, pur di epoche diverse. E naturalmente un grande classico.
(Nella foto di Simone Di Luca Il Mercante di Venezia con Franco Branciaroli nel ruolo di Shylock, qui con Piergiorgio Fasolo interprete di Antonio)
Il Mercante di Venezia
di William Shakespeare
traduzione Masolino D’Amico
Con Franco Branciaroli – Shylock
Piergiorgio Fasolo – Antonio
Riccardo Maranzana – Salerio / Doge
Emanuele Fortunati – Solanio / Principe di Marocco
Stefano Scandaletti – Bassanio
Lorenzo Guadalupi – Lorenzo
Giulio Cancelli – Graziano / Principe di Aragona
Valentina Violo – Porzia
Mersila Sokoli – Nerissa
Mauro Malinverno – Lancillotto / Tubal
Veronica Dariol – Jessica
regia e adattamento di Paolo Valerio
scene di Marta Crisolini Malatesta; costumi di Stefano Nicolao; luci di Gigi Saccomandi; musiche Antonio Di Pofi; movimenti di scena Monica Codena. Si ringrazia per la collaborazione Laura Pelaschiar dell’Università degli Studi di Trieste
a Milano, Teatro Manzoni, dal 7 al 19 maggio 2024 (feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30 – sabato 18 maggio ore 15,30 e 20,45)