Molière tra ieri e oggi. Il suo Misantropo è al Teatro Franco Parenti a Milano con una messinscena che sottolinea l’aderenza al testo, ma anche l’attualità ancora forte. Perché per questo Misantropo Andrée Ruth Shammah sceglie una scenografia che riproduce una sala prove, spoglia, lineare, ma con una gran luce che entra dalle porte a destra. Qui gli attori – dapprima tutti in scena – sono in costume epoca Molière. Ma questa è una messinscena attenta anche ai dettagli. Così a sottolineare che questo è uno spettacolo teatrale all’inizio vediamo una maschera del teatro che entra per preparare la scena. Altra particolarità, i colori dei costumi, tutti diversi, corrispondono alle diverse personalità. Ma hanno la stessa foggia, perché i personaggi sono parte di uno stesso mondo. Con eccezione di Alceste, che rifiuta superficialità e apparenze prive di sostanza.
Alceste, tutto vestito di nero, è poco propenso alle lusinghe. Diplomazia e viver civile, con contorno di buone maniere, non fanno per lui, che odia tutti, con una sola eccezione. Gli si contrappongono, sia pure in modo diverso, tutti gli altri. Philinte, suo amico fraterno, tale da potersi concedere di scherzare con lui, cerca di convincerlo a essere meno rigido. Lui sa cogliere le sfumature della vita ed è proprio questo che, unico, gli consentirà di essere felice. Oronte, pieno di salamelecchi e pronto a usare più parole per semplici concetti si ritiene un grande poeta. Quando legge il suo componimento sulla speranza Alceste non regge alla lettura, dicendo che cosa ne pensa. Niente di buono, naturalmente.
Tre personaggi, tre personalità perfettamente incarnate dai tre attori. Luca Micheletti è un Alceste, capace di non far trasparire sentimenti di affetto, intransigente, pronto a manifestazioni di durezza e a un certo punto anche di violenza. Angelo Di Genio porta in scena un Philinte in grado di sorridere e adattarsi alle situazioni anche non favorevoli. Corrado d’Elia, fantastico, giustamente delinea un personaggio difficile, come Oronte, tutto da irridere per la sua tracotanza unita a incapacità di poetare con sentimento, aldilà di facili rime.
Ugualmente, ad Alceste si contrappone il trio di figure femminili. Tutte apparentemente innamorate di lui, sarebbero pronte a lasciarsi amare se lui fosse disposto. Ma Eliana capisce ben presto che è meglio cogliere un altro amore, molto più sicuro. Célimène invece, l’unica per cui Alceste prova amore, non è per nulla disposta a rinunciare alla sua indipendenza. Continua a civettare, convinta che questo appare come un comportamento solo superficiale, ma, di fronte alla violenta proposta d’amore di Alceste, si rifiuta. Non è questo, fatto di voglia di condizionare e imprimere la propria volontà, l’amore che lei vuole. Sulla scena appare così un personaggio del Seicento, ma insieme una figura di donna molto attuale, pronta a darsi per amore, ma a patto che la sua indipendenza sia rispettata e la sua personalità non sia soffocata.
Sono tre figure femminili, ben delineate dalle tre attrici: Marina Occhionero per Célimène, Maria Luisa Zaltron per Eliana, Emilia Scarpati Fanetti interprete di Orsina. Tre personaggi che solo il costume indossato lega a un’epoca lontana.
Ancorati al passato, frequentatori della Corte, appaiono invece i due marchesi, con un costume turchese con lievi sfumature a differenziarli. Il modo di pensare non è strettamente correlato all’età, così a incarnarli sono due giovani attori. Sono Clitandro, interpretato da Filippo Lai e Vito Vicino nel ruolo di Lacasta.
A corollario, altri personaggi che, con piccoli gesti, accensioni di candele, movimenti dei due lampadari a goccia, fanno da connessione a momenti differenti. E anche cogliere questi dettagli rende coinvolgente la visione dello spettacolo. Che, portando in scena un mondo lontano, parla di sentimenti di oggi. Condivisibili, come la voglia di Célimène di non accettare sopraffazioni e il senso di amicizia di Philinte per Alceste, pur dissentendo sui comportamenti. Ugualmente apprezzabile, anche se forse non molto praticato, è il disprezzo per le apparenze a discapito della sostanza, che si ritrova in Alceste. A patto di non arrivare a estremi, in grado di rendere difficile ogni comunicazione con gli altri. Che è invece quanto fa Alceste.
(Nella foto di Filippo Manzini, una scena da Il Misantropo, con Marina Occhionero e Luca Micheletti, Célimène e Alceste)
Il Misantropo
di Molière
regia di Andrée Ruth Shammah
Con Luca Micheletti e con, in ordine alfabetico, Matteo Delespaul, Pietro De Pascalis, Angelo Di Genio, Filippo Lai, Francesco Maisetti, Marina Occhionero, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Soffiantini, Vito Vicino, Maria Luisa Zaltron e la partecipazione di Corrado D’Elia.
A Milano al Teatro Franco Parenti dall’8 novembre al 3 dicembre 2023