Il male e il bene. L’uomo più crudele del mondo (anche titolo della pièce) e un giornalista che deve intervistarlo per tracciare un ritratto di quello che è un personaggio misterioso. Si sa solo che è a capo della azienda del padre, la maggior produttrice di armi al mondo. Fin dal primo momento spiazza il giornalista: lei è felice? gli chiede. Ed è subito chiaro chi condurrà il gioco. Il giornalista, oltretutto, è chiaramente inesperto, ma è proprio a lui che Paolo Veres vuole raccontarsi («Lei farà il ritratto che mi merito»). Ci sono tre libri sul suo tavolo: tre sono sufficienti per conoscere il mondo. Sono la Bibbia, Dostoevskij e un libro per bambini, perché i bambini sono importanti.
Quando compare una pistola ed esplode un colpo il giornalista inizia a essere decisamente preoccupato. La proposta che segue lo sorprende, ma per poco: 50 milioni di euro per… (niente spoiler). E mentre la pistola passa di mano tutto appare sempre più il gioco del gatto col topo. Siamo feccia, dicono.
È un testo che non ha nulla di prevedibile e anzi riserva sorprese a ogni battuta, capace di sollevare alcuni interrogativi negli spettatori e non solo su quanto sta avvenendo in scena. Che appare sufficientemente spoglia, con una ambientazione all’interno di un capannone con delle vetrate capaci di isolare i due «contendenti». Padroni di questo spazio (ugualmente imprevedibile) sono i due attori, continuamente in movimento come lo è il testo, sempre pronto a destabilizzare gli spettatori, togliendogli dapprima ogni certezza. Ma, come un puzzle, offrendo alla fine un incastro perfetto a tutte le tessere – tutte le parole dette.
Lino Guanciale, eccezionale, davvero insuperabile, con espressioni, gesti, utilizzando la voce e i movimenti porta lo spettatore ad avanzare continue ipotesi diverse, mentre fa di Paolo Vales, «l’uomo più crudele del mondo», un personaggio misterioso. Imprevedibile, con tante sfaccettature, è lui a condurre magicamente il gioco, lasciando credere all’altro che la fortuna gli sarà propizia.
Francesco Montanari è perfetto nel ruolo dell’intervistatore che non riesce a fare l’intervista e che si svela poco a poco: prima intimidito, poi convinto di avere un futuro roseo davanti a sé, fatto di milioni di euro. Ma con un prezzo. Sarà così? È certo però che il testo intrigante di Davide Sacco, in una scenografia volutamente spoglia, con gran gioia degli spettatori permette una magnifica prova d’attore a entrambi gli interpreti, impegnati in ruoli molto diversi, ma inevitabilmente complementari. Insieme, oltre a spiazzare continuamente, riescono a suscitare molti interrogativi e altrettante riflessioni negli spettatori.
Alla fine, al momento degli applausi, scroscianti e lunghissimi, nella sala strapiena al Teatro Franco Parenti, sul volto di Lino Guanciale si leggono tutte le emozioni che il ruolo e il testo stesso suscitano in lui, ma anche negli spettatori.
(Nella foto, Lino Guanciale e Francesco Montanari in L’uomo più crudele del mondo di Davide Sacco, anche alla regia. Grande, giusto successo al Teatro Franco Parenti)