Una mostra che è un gioiello. “Munch. Il grido interiore” a Milano a Palazzo Reale fino al 26 gennaio 2025 racconta un grande interprete di emozioni attraverso la pittura, consentendo grandi scoperte anche a chi di Edvard Munch conosce solo L’Urlo, magari addirittura esclusivamente attraverso riproduzioni su oggetti o emoticon.
Invece la mostra è occasione di grandi scoperte, che riguardano Munch, ma anche noi come osservatori disposti ad andare oltre la semplice visione ed emozionarci. «Dentro di noi custodiamo mondi infiniti» diceva. Così le sue opere non sono una semplice riproduzione di ciò che vede, ma raccontano le sensazioni provate attraverso la visione e il ricordo che ne è rimasto. «Il modo di vedere dipende anche dallo stato d’animo» scriveva nel 1899, come si può leggere nel pannello finale che accompagna la mostra. È uno dei tanti, utilissimi, che ci fanno conoscere di più della sua vita, ma consentono anche di avvicinarsi meglio a quanto comunica attraverso la sua pittura.
Così scopriamo il dolore che lo ha accompagnato fin dall’infanzia, con la morte della madre quando lui aveva cinque anni, quella della sorella otto anni dopo, la morte del padre e del fratello maggiore, il sangue che macchiava i suoi fazzoletti, la tubercolosi e l’alcolismo, le relazioni amorose dolorose.
Quando nel 1937 il nazismo fa rimuovere 82 sue opere dai musei tedeschi come arte degenerata e successivamente viene invasa la Norvegia lui lascia nel testamento tutti i suoi lavori alla città di Oslo. Così al Museo di Oslo si può vedere tutta la sua opera, compreso il famosissimo L’Urlo, che per la sua fragilità non può varcare i confini del Museo. Così L’Urlo non è esposto a Palazzo Reale, ma c’è la litografia realizzata nel 1895 con lo stesso soggetto. La mostra diventa così un andare oltre gli aspetti più popolari.
Dal Munch Museum di Oslo arrivano invece 100 opere per una mostra curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, seguendo delle linee che compongono sette sezioni, alla scoperta di modi di vedere e di dipingere. È la pittura non della realtà ma di ciò che il suo autore ha visto. E’ la raffigurazione dell’agonia che si prova nel guardare qualcuno morire. Ci si avvicina al suo modo di vedere la simbologia dei colori. Si scopre il debito di Munch verso l’Italia grazie ai tanti viaggi: a Roma quando vede la Cappella Sistina la definisce «la stanza più bella al mondo» e a Milano passa una giornata alla Basilica di Sant’Ambrogio.
Munch – la mostra permette tante scoperte – è stato anche un grande sperimentatore. Creava i suoi colori, provandone di nuovi, ma anche mescolando elementi come il vetro tritato. Nelle sue opere anche le venature del legno assumono un significato che lui sottolinea. Ed è stato anche tra i primi pittori a curare le proprie mostre, perché le opere apparissero come una narrazione continua e non come singole opere.
Si è anche avvicinato al cinema, realizzando piccoli filmati con apparecchi amatoriali (in mostra) e scattando foto con una Kodak amatoriale, allora molto popolare. Si avvicina anche al mondo del teatro realizzando dei bozzetti per Spettri di Ibsen. Non è certo casuale, perché oltre alla nazionalità comune norvegese, Munch come Ibsen e Strindberg (svedese) sono, pur con strumenti differenti, capaci di accorciare le distanze tra noi e il sentimento: Munch lo fa sulla tela, Ibsen e Strindberg con la parola da portare in scena.
Alla fine la definizione di «mostra gioiello», con cui Tommaso Sacchi, assessore alla cultura di Milano, l’ha presentata alla stampa, appare particolarmente calzante. Perché ci fa conoscere un grande protagonista dell’arte nell’Europa tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, andando ben oltre il sapere più popolare. Addirittura a Milano si deve risalire al 1984 per ricordare una sua mostra. Ma è anche un gioiello perché ci parla della capacità della pittura di non fermarsi alla raffigurazione, guardando all’interno di se stessi, utilizzando la tecnica, sotto tutti gli aspetti, come strumento per raccontare. Ed è un gioiello perché sa emozionare chi gira tra le sale di Palazzo Reale, inducendo a spingersi aldilà della superficie per scoprire e vivere le sensazioni più profonde.
La mostra prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo Munch di Oslo rappresenta anche un ponte tra noi e la Norvegia, la sua cultura, ma anche l’appeal turistico. Per questo a completamento sono previsti molti eventi, come una rassegna di cinema norvegese, con anche documentari che riguardano Munch stesso, alla cineteca cinema Arlecchino; una rassegna letteraria a Palazzo Reale con vari incontri; un concerto il 20 novembre a Pirelli Hangar Bicocca. Alla mostra sono previste visite guidate e laboratori con pannelli-guida per i più piccoli. Magari addolciti da una caramella Ricola nelle nuove versioni con vitamina C. In più, per invogliare il pubblico non milanese, Trenitalia offre degli sconti su Frecciarossa. Lasciata Milano la mostra arriverà a Roma a Palazzo Bonaparte dal 18 febbraio al 2 giugno 2025.
(Qui, Notte stellata di Edvard Munch. Olio su tela del 1922-1924. Photo © Munchmuseet)
Munch il grido interiore
100 opere di Edvard Munch per la mostra promossa da Comune di Milano-Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo Munch di Oslo; con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma
a cura di Patricia G. Berman in collaborazione con Costantino D’Orazio per il supporto nella redazione dei testi di approfondimento in mostra
A Milano, Palazzo Reale (Piazza Duomo), dal 14 settembre 2024 al 26 gennaio 2025 (da martedì a domenica ore 10-19.30, giovedì fino alle 22.30)