L’ingresso è dal fondo della sala della Cavallerizza. Avvolto in un grande mantello racconta di Nikolaj Sudzilovskij, russo, nato nel 1850 e andato a Kiev a frequentare la facoltà di medicina. C’è un traduttore simultaneo a rendere comprensibili le sue parole. Traduce dal russo? Oppure, e lo si capisce ben presto, quello è un gramelot ed è il primo inganno di questa pièce, Il rivoluzionario errante. Che riserva un secondo inganno, che si svela quando indossa delle piume, perché lui è il pappagallo che durante tutto lo spettacolo fa da contrappunto al protagonista. Quella che va in scena alla Cavallerizza, adattata per il teatro da Tommaso Urselli, è la storia di Nikolaj Sudzilovskij, che Claudio Facchinelli ha tolto dall’oblio, raccontandolo nel suo libro “Lumpatius Vagabundus. Sulle tracce di Nikolaj Sudzilovskij medico e rivoluzionario”.
In scena è lui stesso a raccontarsi. Nikolaj Sudzilovskij parla dei suoi vagabondaggi, che lo hanno portato a lasciare la Russia, dove lo volevano arrestare. Ma aggiunge «L’inverno russo non fa più per me» (al pubblico la possibilità di interpretare la frase in termini non solo climatici). Ha raggiunto Londra, la Bulgaria, Bucarest, le Hawaii, dove ha incontrato il pappagallo Polly. Diventato suo inseparabile amico, con lui ha raggiunto le Filippine. Parla delle sue aspirazioni come medico. Voleva dar vita a un’idea rivoluzionaria: una clinica mobile in grado di raggiungere chiunque. Affiorano le sue utopie.
Il pappagallo a volte commenta, mentre lo sente raccontarsi come un Don Chisciotte impegnato contro quelli che sono i mulini a vento attuali, il dominio, la prepotenza, l’arroganza. Intanto le belle luci di Fabrizio Visconti, con il variare di colori e intensità, aiutano a raccontare sogni, utopie, fallimenti, fino a una luce spettrale, che segna la fine di questo sognatore e prelude alla caduta.
Questo Nikolaj Sudzilovskij, tolto dall’oblio ai confini con la fantasia, sa sognare in un mondo che gli ha concesso come unico amico un pappagallo, che inevitabilmente approva le sue parole. Sono queste che lasciano immaginare mondi e sogni, a cui la bella regia di Alberto Oliva, giocando sui dettagli, dà i colori sotto forma delle piume di Polly e racconta l’ambiente tropicale, con i particolari, come la colorata sedia di vimini o la grande gabbia del pappagallo. E crea quell’inganno grazie al quale Angelo Tronca riesce a farsi credere il pappagallo e Mario Sala rende vivo questo sconosciuto sognatore, convincendoci dell’importanza di saper sognare comunque.
«Noi spettatori – si legge nelle note del regista Alberto Oliva – diventiamo tutti testimoni del rovello interiore di un uomo che ha collezionato fallimenti e visto finire sogni, ma non si arrende e rilancia, convinto che l’utopia sia come l’orizzonte: tu fai un passo verso l’orizzonte e l’orizzonte si allontana, fai un altro passo e l’orizzonte si allontana ancora. E allora a cosa serve l’utopia? Serve a camminare…»
Il rivoluzionario errante
Vite, utopie, fallimenti di Nikolaj Sudzilovskij
di Tommaso Urselli
liberamente ispirato al libro di Claudio Facchinelli Lumpatius Vagabundus. Sulle tracce di Nikolaj Sudzilovskij medico e rivoluzionario
con Mario Sala e Angelo Tronca
regia Alberto Oliva
scenografia Marco Muzzolon, costumi Stefania Pravato, disegno luci Fabrizio Visconti, musiche originali Ivan Bert, assistente alla regia Fabrizio Kofler
produzione A.M.A. Factory
a Milano, MTM La Cavallerizza – dal 20 al 25 febbraio 2024 (Prima Nazionale)