Due domande: come mai Chiara Ameglio performer, coreografa e cofondatrice della milanese Fattoria Vittadini ha scelto il palcoscenico genovese del Teatro della Tosse per il debutto nazionale del suo assolo Please, Come!, alla cui preparazione ha lavorato intensamente da tempo (ne aveva presentato una prima forma di studio già nella lontana primavera del 2022)? E in seconda battuta: perché nella non comoda data natalizia del 21 dicembre? Viene poi spontaneo chiedersi se è stato il coraggio o l’incoscienza a spingerla a scegliere di indagare e di esprimere nella danza un tema insidioso e complesso come “il fenomeno della schiavitù contemporanea: la richiesta di aiuto, l’iper-allerta, l’isolamento, la sorveglianza, la resistenza, la dissociazione, il concetto di morto sociale e di corpo scarto” (come è dichiarato nelle note di presentazione)?
Se non ci è possibile (è ovvio) entrare nelle predilezioni intime, nei pungoli alla base della poetica di un’artista, e dunque non possiamo mettere in discussione le ragioni del soggetto prescelto per lo spettacolo (ma non possiamo non riconoscerne l’audacia) ci è concesso di azzardare una risposta al primo dei quesiti. Genova, come ritorno, come omaggio alla città in cui Chiara Ameglio è nata e cresciuta prima di formarsi alla milanese Scuola Civica Paolo Grassi, prima delle partecipazioni alle creazioni italiane ed estere di Ariella Vidach, Virgilio Sieni, Daniel Abreu, Matanicola, Salvo Lombardo, Davide Valrosso, Annamaria Ajmone. Genova scelta forse anche perché città natale del light designer Fabio Bozzetta, Genova in quanto città delle vibranti musiche firmate KeepingFaka.
Partecipazioni creative fondamentali, a cui va aggiunto l’apporto come collaboratore artistico di Santi Crispo, nella composizione complessiva dello spettacolo, dove emerge l’attenzione maniacale e lo studio preciso di ogni singolo aspetto e di ogni momento dell’interpretazione (bisogna qui assolutamente usare il termine “interpretazione” e astenersi da “esibizione” o “rappresentazione”). Con il giusto mood musicale per creare l’adeguata tensione emotiva, il taglio di luce che deve mettere in evidenza il particolare anatomico attivo in quel preciso momento. Tutto sempre con una precisa motivazione espressiva. A partire dal vuoto generale della scena, dal silenzio assoluto e dal buio totale con cui entriamo in contatto con l’evento all’inizio. La protagonista è già sul palco, ma non lo sappiamo, non la vediamo, immobile sul fondo, inguainata in una tuta nera con il cappuccio nero a coprirle la testa, mimetizzata sul fondale nero del telone-panorama e nascosta dal buio del palco.
Lentamente scopre e subito nasconde prima un lembo del bacino, per poi mostrare la pelle nuda di un piede, o di una spalla, un gomito piuttosto che un’anca. Non in un gioco di mostro-e-nascondo, di scopro-e-ricopro, ma in un lento appropriarsi del proprio corpo, nella scoperta della fisicità come strumento in grado di mille differenti movimenti (anche assurdi e perfino impossibili) e di infinite potenzialità espressive delle membra. L’accompagna ora una musica “ventosa” ed evocativa, quasi da film thriller, mentre le azioni si svolgono all’esterno di uno spazio vuoto rettangolare definito da un perimetro luminoso, prima accennato e poi sempre più evidente, fino a diventare quasi molesto alla vista per il suo biancore accecante. Chiude questo primo movimento una pausa di silenzio e di buio totale.
Al ritorno della luce il corpo della performer si trova delineato tra i tagli dei fari, immobilizzato a terra in uno still life da break-dance e impiegherà tutto il secondo movimento (musica più incombente, via via spinta fin quasi al neo-garage) per conquistare una stabile posizione eretta e la capacità di occupare consapevolmente lo spazio interno al perimetro ora costantemente acceso. Dopo una nuova pausa di silenzio e di buio, il nuovo capitolo mostra la protagonista in grado di muoversi liberamente fino a spogliarsi totalmente anche degli abiti, a sintetizzare l’azione nei movimenti urticanti di contrazione e rilassamento dei glutei, in lotta con le contraddizioni di essere umano visto sia come individuo singolo che come elemento sociale oppresso da vincoli, obblighi e violenze che subisce e insieme può/deve praticare.
Lo score incalzante spinge Chiara Ameglio a esprimersi oltre al gesto, oltre il movimento, finanche a far uso della parola, e difatti in chiusura di questo terzo movimento si ascoltano anche alcune pochissime frasi pronunciate live (riflessioni, proclami, accuse). Si intuisce qui chiaramente la tentazione di aderire alla lezione del teatro-danza e altrettanto si capisce lo sforzo fatto per rifuggirlo. L’ultima parola, un epilogo, è affidata dunque a un palcoscenico vuoto, dove l’essere umano ormai è del tutto assente, i danni irreparabilmente compiuti, col perimetro luminoso a raccogliere (o a disperdere?) un verbo che parla in modo più diretto ed esplicito di sfruttamento e schiavitù, che riporta dati statistici incontestabili e sciorina colpe oggettive e impossibili assoluzioni fino a un conclusivo e responsabilizzante “no way!” rivolto direttamente agli spettatori in sala.
Alla fine non si può non rimanere ammirati da tanta serietà e tanto rigore, rigore e ancora rigore in un apparente hic et nunc, che nasconde invece lunghe meditazioni per esser sicuri di rifuggire a ogni forma di retorica e perché ogni segno messo in atto non possa dar adito a fraintendimenti o equivoci di interpretazione, così che arrivi a significare esattamente solo ciò che deve significare.
Al momento attuale si sa che lo spettacolo Please, Come! sarà di nuovo agli inizi di febbraio 2024 a Napoli presso Körper Centro Nazionale di Produzione della Danza, ma personalmente ci si augura che venga programmato in molti altri teatri di tutta la penisola.
(Nella foto di Fabio Mattiolo, la cofondatrice di Fattoria Vittadini, Chiara Ameglio, protagonista di Please, Come! andato in scena al Teatro della Tosse a Genova)
Please, Come! – prima nazionale
Di e con Chiara Ameglio
Collaborazione artistica Santi Crispo; Musiche KeepingFaka; Luci Fabio Bozzetta
Produzione Fattoria Vittadini in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse – Festival Danza in Rete
Lo spettacolo è andato in scena al Teatro della Tosse a Genova nell’ambito della rassegna internazionale di danza Resistere e Creare 2023