Pioggia a dirotto e violente raffiche di vento: è l’incidente. Bastano pochi tocchi all’inizio della pièce Quasi amici al Teatro Manzoni a Milano per raccontare il preambolo. Perché l’incidente con il parapendio porta direttamente Filippo (Massimo Ghini) sulla carrozzina con una diagnosi di tetraplegico. Che significa necessità di essere aiutato 24 ore al giorno in tutto. Scartati molti aspiranti all’incarico, apparentemente preparati ma animati da finta compassione e dunque non graditi a Filippo, arriva Driss (Paolo Ruffini). Lui vorrebbe solo una firma che gli garantisca di continuare ad avere il sussidio di disoccupazione. Ma, parlata marcatamente livornese e cultura zero al punto che deve cercare “tetraplegico” su Google (per evitare incomprensioni la spiegazione appare anche sul fondale), piace a Filippo, che per la prima volta non si sente compatito. Così Driss diventa il badante-assistente a tempo pieno di Filippo.
È un incontro in nome delle diversità in tutti i sensi, perché, oltre ai problemi fisici seri, è subito evidente che il mondo di Filippo è molto distante da quello di Driss. Distanza socioeconomica, perché Filippo vive in un palazzo prestigioso, senza alcun problema economico. Amante della bella pittura, da Mondrian a Picasso a Hopper, appassionato di musica, da Vivaldi a Puccini, estimatore di Uto Ughi, anche il suo mondo culturale è molto lontano da quello di Driss. Che scambia Puccini per la interprete di Elisa di Rivombrosa, ma non è portato per mostrare falsa pietà per Filippo e anzi inanella continue gaffe. «Non ha nessun riguardo per me e questo mi fa sentire bene» dice Filippo. E aggiunge «Avevo bisogno della tua leggerezza».
E’ una leggerezza che dalla platea si avverte chiaramente, grazie alla magistrale interpretazione dei due protagonisti. Massimo Ghini, credibilissimo nel suo ruolo sempre sulla carrozzina, è capace di una immobilità che la parte richiede, ma con il sorriso e la mutevole espressione di chi si diverte a osservare l’imprevedibilità dell’altro. Senza giudizi. Paolo Ruffini, a sua volta, veste perfettamente i panni di un Driss scorrettamente genuino: le battute appaiono sempre naturali e proprio per questo fanno ridere. Molto. E anche Filippo.
È una contrapposizione di stili di vita che anche la scenografia aiuta a delineare (e racconta tanti altri momenti da scoprire). Sullo schermo sul fondo si contrappongono i tre lati del palazzo d’epoca di Filippo e lo stabile che fa da ambientazione a Driss. Ma dietro questo si intravvede una grande luminosa luna, suggerimento a pensare che non tutto è come appare e i pregiudizi è meglio accantonarli.
Anche Driss invita Filippo ad accantonarli. Così lo incoraggia a non rinunciare all’amore: tra qualche risata, una telefonata, alcune lettere, lo induce a valutarne una in particolare, con tre puntini finali. Quei tre puntini…
Intorno a loro si muovono tanti altri – ottimo cast per più ruoli – che poco approvano il comportamento di Driss. Che, a sua volta, ha un vissuto diverso da quanto appare in un primo momento: è una storia tutta da scoprire. Coinvolge sulla scena anche Leonardo Ghini, che interpreta anche altri piccoli ruoli, tutti ben caratterizzati. Il padre Massimo racconta di essere felice quando lo guarda fare la sua esperienza.
L’adattamento e la bella regia di Alberto Ferrari, che sa raccontare con leggerezza, aiutano a non considerare quanto poteva essere rischioso portare a teatro un tema difficile come la disabilità, che la carrozzella impedisce di dimenticare. Invece non siamo davanti a un dramma, ma a una commedia nel senso più autentico del termine, con un inizio triste e una evoluzione positiva e allegra. Siamo sempre lontani dalle lacrime e invece si moltiplicano le occasioni di risate. Che significa porsi alla pari, senza falsi compatimenti davanti a un dramma volutamente non vissuto come tale. Come è avvenuto nella realtà, perché questa è una storia vera e alla fine, proiettati sullo schermo, appaiono i veri protagonisti, di cui si racconta la successiva attività imprenditoriale di Driss e matrimonio e figli di Philippe, perché quei tre puntini…
È una storia raccontata in un libro autobiografico scritto dallo stesso Philippe Pozzo di Borgo, di famiglia aristocratica, imprenditore di successo, appassionato di parapendio e infine tetraplegico. Successivamente dal libro è stato tratto un film, ambientazione a Parigi e grande successo in Francia e grande successo anche nei cinema italiani.
(Nella foto di Serena Pea una scena da Quasi amici, protagonisti Massimo Ghini e Paolo Ruffini, insieme a un bel cast. Regia di Alberto Ferrari. Al Teatro Manzoni a Milano fino al 28 gennaio 2024)
Quasi Amici
dal film “Quasi amici” di Eric Toledano e Olivier Nakache
Adattamento e regia di Alberto Ferrari
Interpreti e personaggi:
Massimo Ghini – Filippo
Paolo Ruffini – Driss
Claudia Campolongo – Yvonne, La Voce della Navigator
Francesca Giovannetti – Magda ed Eleonora
Leonardo Ghini – Adamo, Candidato, Badante, Gallerista
Giammarco Trulli – Alberto, Giardiniere, Antonio Legenda, Cameriere, Candidato
Giulia Sessich – Deb ed Elisa
Diego Sebastian Misasi – Bastiano, Candidato, Badante, Violinista
Scene Roberto Crea – Costumi Stefano Giovani – Disegno luci Pietro Sperduti – Musiche Roberto Binetti – Assistente alla regia Cristiano Malacrino – Video Robin studio
Produzione Enfi Teatro
A Milano, Teatro Manzoni, dal 16 al 28 gennaio 2024 (feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30 – sabato 27 gennaio ore 15,30 e 20,45)