La scena di Settimo senso al Teatro Franco Parenti è cosparsa di glitter, lucente come le scarpe con tacco in primo piano. Lei appare con un abito rosso, spumeggiante come una nuvola. È Moana Pozzi. Meglio, è Euridice Axen, l’attrice che molto le somiglia. Così diventa facile asserire che Moana è ancora viva, protagonista di un mito che è cresciuto negli anni: più mito oggi che 30 anni fa quando è morta. A Lione, a 33 anni, nel giro di pochi mesi per un tumore, ma da molti immaginata ancora viva, lontano, sotto un altro nome, secondo una diceria animata dalla fantasia.
Così nell’hotel a Ravello dove si trova, rivolgendosi a un misterioso vicino di camera, che immagina sia un giornalista, dice «lei ora scriverà che Moana Pozzi è viva». Non rifiuta la definizione di pornodiva, ma che cosa è pornografia? gli chiede. «Se ciò che è osceno è immorale, ciò che è immorale è osceno. Dunque non trova che sia osceno…?». L’elenco è lungo, tocca molte situazioni a cui siamo ormai assuefatti, mette all’indice l’ipocrisia. E come non approvare quando dice che è pornografia lapidare le donne perché hanno amato? Da donna colta qual era le sue parole non fanno sconti a nessuno: sono tante considerazioni, tutte perfettamente condivisibili. Le parole si susseguono, tante, ma mai superficiali, inducendo a uno sguardo critico. E diventano nucleo centrale della pièce Settimo senso.
In parallelo, tra una parola e l’altra, emerge quello che è stata Moana Pozzi: una donna colta, consapevole, che non si lasciava manovrare. Quando arrivava sul set diventava un’altra: il personaggio che aveva scelto di essere.
In scena balla, canta “Je t’aime moi non plus”, gioca a sedurre. E scende in platea. Sorriso ironico e vagamente conturbante gioca a sedurre, non si risparmia, si mostra, che è quello che volevano da lei, ma senza volgarità. Euridice Axen entra perfettamente nel ruolo: lo accetta, senza cercare di alterarlo. Gioca con una scarpa tacco dodici in versione impropria: elegantemente allude a un momento di sesso, perché per Moana Pozzi quello è stato parte della sua vita. Ma è anche conscia che sta portando in scena un mito, unica pornodiva di cui moltissimi ricordano il nome, pure a trent’anni dalla morte e pur non avendo mai visto un suo film. Apprezzata anche dalle donne per la sua determinazione a essere libera da condizionamenti e non accettare schemi preconfezionati. Un mito, appunto.
Così lo spettacolo assume più sfaccettature: porta in scena il mito Moana Pozzi. Accenna alla morte avvolta da un alone di mistero, non ne nasconde le armi seduttive, la evoca anche attraverso i particolari dell’abbigliamento. Ma, esaltandone la cultura e l’intelligenza che è sempre stata riconosciuta a Moana Pozzi, va ben oltre l’aspetto fisico, parlando di una oscenità che non fa rima con nudità. E invoglia a guardare i lati perversi di tanti comportamenti diffusi e, come conseguenza, prenderne coscienza e ribellarsi. Euridice Axen, con un grande magnetismo e la capacità di aderire al suo personaggio, riesce a coniugare perfettamente i due aspetti: porta in scena un mito, porta in scena l’importanza di andare oltre gli stereotipi.
(Nella foto di Tommaso Le Pera la protagonista Euridice Axen nel ruolo di Moana Pozzi in Settimo senso)
Settimo senso
Moana Pozzi
di Ruggero Cappuccio
drammaturgia e regia Nadia Baldi
con Euridice Axen
costumi Carlo Poggioli, musiche Ivo Parlati, progetto luci e scene Nadia Baldi
produzione Teatro Segreto
durata: 1 h
a Milano, Teatro Franco Parenti, 12 – 17 marzo 2024 | Sala A