Inquietanti. Lo sono i suoni, fin da quel profondo respiro iniziale. Lo sono i colori, le luci, perché questa è una storia inquietante. Per Una specie di Alaska l’autore Harold Pinter si è ispirato a fatti veri, anche se lo scorrere del tempo li ha resi poco noti. Ed è un tempo che scorre anche per la protagonista, senza che lei lo sappia. «Un giorno improvvisamente ti sei fermata» le dice il medico. Ed è un fermarsi durato molti anni, come fuori dal mondo. In una specie di Alaska, appunto.
Debora, la protagonista splendidamente interpretata da Natascha Padoan, nella messinscena al Factory32 rappresenta una dei 5 milioni di persone che fra il 1917 e il 1927 furono vittime di una grave epidemia di encefalite letargica. Pochi sopravvissero alla malattia del sonno fino al 1969, quando un nuovo farmaco, risultato di interminabili ricerche, permise di risvegliarli.
Per Debora è un risveglio agitato, di cui lei all’inizio non capisce il senso, convinta di essersi svegliata il giorno dopo. Ma tutto intorno è cambiato. A cominciare da quel letto, in cui si trova e che non conosce. Un letto bianco, perché tutto avviene in una scena giocata sul bianco e nero, senza colori, nemmeno nel risveglio, che non è un momento felice, perché è un rendersi conto di non aver vissuto la propria vita. Per la protagonista (e per gli spettatori) coincide con il vedere la sorella che nel frattempo è cresciuta. Al punto che Debora fatica a riconoscere Pauline.
Lo spettacolo molto bello, con ottimi tempi pinteriani, conquista il pubblico. Con la bella regia di Gabriele Calindri e la splendida interpretazione dei tre attori, Natascha Padoan, Matteo Banfi e Asia Morellini, Una specie di Alaska porta in scena un fatto storico sintetizzandolo nel racconto di un momento. Che suscita tante riflessioni negli spettatori. Riguardano i rimpianti che spingono a rendersi improvvisamente conto di non aver vissuto la vita che si voleva e aver lasciato trascorrere gli anni impegnati in qualcosa non corrispondente ai propri desideri. Sono riflessioni che riguardano anche la vita di chi assiste una persona più o meno vicina, rinunciando a una vita propria. Inevitabile dunque pensare quanto un imprevisto possa cambiare la vita anche di chi non è direttamente toccato da quell’avvenimento. Infine, appare evidente l’importanza della scienza e della ricerca farmaceutica che non si arrende, continuando a cercare una cura anche per malattie rare.
Sono tutti temi che rendono particolarmente attuale una storia lontana.
Ed è uno spettacolo che ben si inserisce nella stagione Factory32, corrispondente alla filosofia di Valentina Pescetto, anima del Teatro di via Watt, attenta a offrire agli spettatori delle occasioni per continuare a pensare anche dopo gli applausi finali e insieme divertirsi, nel senso di uscire da schemi tradizionali.
(Nella foto di Valerio Iglio una scena di Una specie di Alaska con Natascha Padoan nel ruolo di Debora al risveglio con la sorella Pauline interpretata da Asia Morellini. Fuori dall’inquadratura, Matteo Banfi, il medico)
Una specie di Alaska
di Harold Pinter
traduzione di Alessandra Serra
con Natascha Padoan, Matteo Banfi e Asia Morellini
regia Gabriele Calindri
musiche originali Michele Voltini; audio/luci Reflex Staff
produzione Campari Padoan
a Milano, Teatro Factory32 (via Watt 32), dall’1 al 3 marzo 2024 (venerdì e sabato ore 19.30 – domenica ore 16.30)