Van Gogh Cafe Opera Musical al Teatro Arcimboldi e in tour

Van Gogh Café Opera Musical visto all’Arcimboldi

Lo chiamano Vincent ed è al centro di Van Gogh Café Opera Musical. Per il gallerista, protagonista dello spettacolo al Teatro Arcimboldi e poi in tournée, è un personaggio familiare: ha imparato a conoscerlo attraverso le lettere che Vincent Van Gogh scriveva al fratello Theo. Raccolte in un libro raccontano la vita quotidiana, i pensieri, ma anche ciò che lui voleva esprimere con le sue opere. È proprio quel libro che il gallerista (Andrea Ortis) porta sottobraccio in un Café Chantant, prossimo all’apertura, ma in un’atmosfera piuttosto tesa. Per questi artisti il libro diventa un incoraggiamento e una spinta all’attrice principale a passare il testimone a una giovane ballerina dalla bella voce (Chiara Di Loreto).

La storia appare soprattutto un pretesto per parlare di Van Gogh e molto altro e ricreare delle atmosfere fatte di bella musica, belle voci accompagnate dai musicisti, che suonano sul fondo del palco, insieme a vari movimenti coreografici uniti a momenti di flamenco e di danza contemporanea. E soprattutto si sentono alcune lettere scritte da Van Gogh. Particolarmente interessante e significativa è quella in cui parla dei “Mangiatori di patate”, mentre alle spalle prende vita il famosissimo quadro.

Durante lo spettacolo le lettere, la vita di Van Gogh raccontata dal gallerista hanno un rilievo sempre più importante, capaci di affascinare il barista Luc (Raffaele Ficiur), che tutto ignorava e le ballerine, alcune analfabete. E intanto i quadri sono progressivamente sempre più presenti.

La lettura delle lettere in varie e differenti ambientazioni diventa quasi una particolare colonna sonora. A volte è accompagnata dalla musica. In molti altri casi la musica è centrale, occasione per sentire alcune delle più belle canzoni francesi, come La Vie en Rose, La Bohème, Milord, Je ne regrette rien, Ne me quitte pas, tutte tradotte nei soprattitoli.

Le canzoni anni ‘50 e ’60 sono talmente belle e ottimamente interpretate da belle voci, inserite come prove dello spettacolo all’interno del Café Chantant, che inducono a perdonare l’anacronismo. Perché i costumi dei personaggi inducono a pensare a una ambientazione agli inizi del ‘900, come altri elementi. Si parla dell’assenzio, liquore di fine ‘800 (bandito qualche decennio dopo), che Van Gogh beveva e a cui è attribuito quel particolare giallo presente nei quadri. L’assenzio induce infatti a vedere più spiccatamente il giallo. Un altro riferimento più sottile lo si ritrova quando Madame Odile (Floriana Monici), la star del locale, racconta di un pittore seduto spesso a un tavolino che le aveva chiesto di ritrarla, come Toulouse-Lautrec amava fare nei locali che frequentava.

Il dialogo tra il gallerista e Madame Odile è l’occasione per raccontare un altro aspetto rilevante della vita di Van Gogh. Perché lei racconta che il suo vero nome è Catherine: i genitori le avevano dato il nome della figlia morta a pochi mesi, proprio il giorno della sua nascita. Anche a Van Gogh era stato dato il nome Vincent in ricordo del fratellino nato morto proprio un anno prima della sua nascita. Lo spettacolo è dunque occasione per conoscere un po’ di più di uno tra i più famosi e amati pittori, autore di quadri che ora hanno una quotazione altissima. Ma durante la sua vita Van Gogh era riuscito a vendere solo un quadro.

Tanti quadri invece si vedono in proiezione, durante lo spettacolo, sul fondo della scena. È un modo per coinvolgere il pubblico, dandogli la sensazione di essere splendidamente immerso nel mondo di Van Gogh. Come coinvolto è quando le ballerine nella seconda parte, dopo l’intervallo, entrano dalla platea o quando Madame Odile chiama il gallerista seduto tra il pubblico, illuminato per l’occasione. È un coinvolgimento che, oltre a stimolare un ulteriore racconto, suscita qualche sorriso tra gli spettatori.

Qui la presentazione di Van Gogh Café Opera Musical