Verità, romanzo, teatro. Il richiamo alla verità, alla storia dell’autore di Venere in Pelliccia si coglie all’inizio dello spettacolo dall’omonimo titolo. Lui entra dalla platea e lascia intuire quanto dipenda da lei, Wanda, e per questo la ami: con aria adorante accarezza un manichino con pelliccia. Lei quando sale sul palco, sul lato opposto – tono da dominatrice, stivaletti con stiletto – senza esitazioni legge il contratto che vede lui suo schiavo. A Milano al Teatro Guanella, già nella prima scena, Martino Palmisano e Manila Barbati rimandano alla storia di Leopold von Sacher-Masoch. Una storia diventata romanzo nel 1870 e teatro. Non solo: una rappresentazione che si trasforma in momento di vita.
Audizioni finite, lui che ha adattato il romanzo Venere in Pelliccia per il teatro è sconsolato. Lo dice al telefono alla fidanzata: dopo 26 provinate non ha la sua protagonista per portare la storia a teatro. Una l’ha scartata perché ha detto che il suo costume l’ha fatto la sua mamma: «ma no! Si dice madre: mamma è da bambini». E arriva lei, sicura di sé, ma decisamente ignorante. È Viola Salas. Dice che la madre è andalusa, termine che Giacomo (sappiamo) approva. Lui le spiega il senso del testo. Pornosadomaso commenta lei tra l’irritazione di lui.
Viola è fuori tempo massimo per l’audizione, ma alla fine lo convince a provinarla. Non solo sa la parte alla perfezione, ma è anche la ideale interprete che lui cercava.
Lo spettacolo diventa un alternarsi, un susseguirsi di momenti diversi. L’interpretazione del testo Venere in Pelliccia si interseca con il confronto tra Viola attrice e Giacomo adattatore provinatore. È un’audizione, è un’interpretazione, ma è anche la vita dell’autore, Leopold von Sacher-Masoch, che con Venere in Pelliccia ha scritto un testo autobiografico. Ed entra in scena anche la vita di lei e di lui che ne diventa sempre più succube. Ora sono Viola e Giacomo e lei tiene la vita di lui tra le sue mani. Fino a umiliarlo in tutti i modi, con lui sempre più succube consenziente. Anzi soddisfatto di essere dominato. Si pensa a quel contratto letto all’inizio, con lui che accetta di diventare schiavo. Insieme si pensa a come l’autore del testo, Leopold von Sacher-Masoch, ha vissuto questa storia, contrabbandandola dentro di sé come storia d’amore. E alla fine…
Non era facile portare in scena Venere in Pelliccia per i tanti risvolti che contiene e le riflessioni che suscita. Sono risvolti letterari, perché alla base c’è il romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, da cui nasce il termine masochismo. Pur cambiati i nomi, è una storia autobiografica. Ci sono poi importanti raffronti, sia di genere cinematografico che teatrale, grazie a una bella edizione che ha girato i teatri italiani. Ugualmente di forte rilievo sono le riflessioni che da questo testo nascono. Hanno una valenza quotidiana, perché troppo spesso sentiamo parlare di violenza, ma è altro: è di fondamentale rilievo non dimenticare un’importante distinzione. Perché nel testo di von Sacher-Masoch tra i due c’è un preciso accordo che soddisfa entrambi: è lui che accetta di diventare schiavo di lei.
Non era facile portarlo in scena, dicevamo. Lo spettacolo invece riesce a conquistare il pubblico grazie alla forza degli interpreti, che corrisponde a quella del testo. Tutto vive su di loro, in una scenografia ridotta all’essenziale: un divano rosso stile chaise lounge, un tavolo, i due manichini. E un collare: una insolita collana che rimarrà al collo di lei?
(Nella foto, Martino Palmisano e Manila Barbati in Venere in Pelliccia, dal romanzo di Leopold von Sacher-Masoch)
Venere in Pelliccia
da Leopold von Sacher-Masoch (1836-1895)
Traduzione e adattamento di Martino Palmisano
Con Manila Barbati e Martino Palmisano (Compagnia Baroni Rampanti)
Regia di Emanuela Bonetti
Durata: 1 ora e 15 minuti
A Milano al Teatro Guanella, 14 e 15 gennaio 2023